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Francesco D’Aria

 

LE SERENATE DI LETINO

 

POPOLO DEL MATESE DISCENDENTE DAI GRECI

(in Annuario ASMV 1999, pp. 49-73)

 

 

Un tempo, prima che la migrazione potesse causare l’allontanamento di molti; quando tutti vivevano nel paese natio e quando più famiglie vivevano nella stessa abitazione i canti, come tutto ciò che faceva parte della tradizione, erano tramandati oralmente.

A Letino piccoli e grandi lavoravano assieme e i canti, a mò di colonna sonora, accompagnavano il lavoro nei campi: alleviavano la fatica fisica e davano il ritmo ai movimenti lavorativi.

I canti, diversi per ogni occasione, accompagnavano il convivio, le notti insonni dei paesani, il tempo libero, l’amore, la partenza della persona amata, familiare o amico che emigrava in cerca di fortuna, il passaggio a miglior vita e il compianto del defunto.

I canti popolari, assieme ai balli, stringevano in un’unica grande famiglia i paesani che si ritrovavano insieme, dopo il lavoro, in occasione di festeggiamenti sacri e profani.

 

 

Le fonti

 

da dove provenivano questi canti? Erano originari di Letino? E chi può dirlo?

Beh! A queste domande bisogna rispondere con molta prudenza in quanto mancano fonti specifiche; ritengo che la storia locale e in particolare le origini potrebbero aiutarci a conoscere qualcosa di più e magari a dare una risposta concreta alle domande che mi sono posto.

La maggior parte degli storici hanno asserito che il popolo di Letino discende dalla stirpe greca: tra questi il Gen. Avv. Cesare Bevilacqua afferma che: “Vennero nel VI e VI sec. i Greci con Belisario e Narsete. Nei dialetti del Molise vi sono numerose parole di origine greca; vi è poi un fiume chiamato Lete ed un paese Letino, sul versante occidentale del Matese”[1].

Il prof. Dante B. Marrocco sostiene che: E’ riconoscibile un abitato neolitico sulla collina, fuori la cinta muraria del castello. dunque un prima popolazione italica si è fermata sul posto, certamente pastori sanniti. La loro attività transumante forse continuò in epoca romana”.

Pur lasciando sottintendere un’immigrazione greca il professore non si pronuncia sulla possibile data in cui avvenne, infatti dice: “Quando ci sia stata l’immigrazione greco non può dirsi”[2].

Anche un altro studioso, Giovanni Perrino, parlando di Letino, afferma che sul posto ci furono colonie greche: “Sembrerebbe nascosto ed isolato in uno spazio chiuso e pietroso; eppure, anche qui, è passata la storia. furono colonie di greci, chiamati dai fondatori del luogo a portare i loro usi preziosi a crearvi, come un oriente rustico e brillante, di pastori e monili”[3].

La presenza dei greci sul territorio letinese è stata annotata anche dallo studioso prof. Giuliano Palumbo, il quale scrive: “Nella descrizione di Tito Livio, il paese di Letino era forse uno dei due Vichi (luoghi abitati), popolati da antichissimi pastori, l’Alto Vico, pare fosse la Terra di Valle Agricola. Sembra però che vi fossero insediamenti umani già nel periodo Neolitico. Lo testimoniano il rinvenimento sul luogo di resti di mura poligonali costruite sulla sommità della collina detta “le preci”…[4].

Dalle fonti storiche si evince che senza dubbio il popolo letinese discende dalla stirpe di origine greca e quindi, si può presumere che anche i canti, i balli e le tradizioni popolari abbiano la stessa provenienza.

Sono andato alla ricerca della musica originale greca per scoprire se sussistessero delle corrispondenze con quella letinese; ho ascoltato diversi brani etnici sia solo strumentali sia cantati e con molta cura li ho confrontati con quelli letinesi.

 

 

Brani strumentali greci

 

Nella musica strumentale greca l’elemento che colpisce al primo ascolto è quello ritmico, infatti nei brani, Zorba’s dance, Oniro dimeno, Vraho vraho, Play bouzouki, Otan simanoun, Kalimera ilie, Emaste dio, Baxe Tsifliki, Kolo, Fragossyriani, Varka sto yialo, Matia vourkomena, Safti Gitonia, To Palmari echi Kaimo, Sto Perighiali e Kaimos[5], c’è una marcata predominanza ritmica prodotta dalle percussioni.

La maggior parte di questi brani, parte dei quali sono cantati, si basano su un ritmo binario molto marcato e sono predominanti quelli in cui la velocità è molto alta. L’elemento comune è l’immissione graduale degli strumenti e il conseguente riempimento sonoro; sono molto orecchiabili e non stancano neanche dopo numerosi ascolti.

 

 

Canti amorosi greci

 

Nei canti amorosi greci la melodia ha una forte prevalenza sul testo letterario, che d’altronde è la caratteristica fondamentale del folklore musicale greco. La struttura semilinea viene ripetuta all’inizio del verso seguente.

La canzone è formata da una serie di decapentasillabi (8 + 7), tra un emistichio e l’altro appare un inserto che forma a sua volta un altro decapentasillabo. La melodia, strofica è formata da 4 frasi simmetriche che corrispondono ai 4 emistichi del verso[6].

Spesso nei canti popolari greci all’inizio della melodia c’è un’anacrusi, che può essere anche molto lunga, che funge da preludio all’introduzione della tonica; è importante sottolineare che spesso la cadenza finale è accompagnata da un salto di ottava che rende, visto che i salti tonali sono molto rari, molto particolare la chiusura del brano.

Gli strumenti utilizzati nella musica etnica greca sia nei brani solo strumentali, che accompagnano il ballo, sia in quelli che accompagnano il ballo, sia in quelli che accompagnano il canto, sono tantissimi. Onnipresente il violino e il clarinetto, in misura minore diversi tipi di flauti pastorali tra i quali c’è la tsambùna una specie di zampogna paesana, la zurna una specie di ottavino e l’askì o tulùmi una specie di cornamusa. Tra gli strumenti a corde primeggia il santuri trapezoidale, un salterio temperato con molte corde; vari tipi di liuti tra cui taburàs, il lauton e il busùki.

Tra gli strumenti a percussione c’è il tùmpano che è un grande tamburo e il daùli, un tamburo più piccolo[7].

 

 

 

Canti letinesi

 

Nell’estate del 1999 ho raccolto, visitando diverse zone del letinese da altrettanti abitanti del posto, numerosissimi documenti etnografici classificabili in otto sezioni: serenate, canti amorosi o lirici, canti a rispetto, canti a dispetto, canti a vatoccu, canti funebri, canti di partenza e quelli di lontananza.

Tutti si basano sulla struttura letteraria della forma cosiddetta lirico-monostrofica[8] e il metro dominante è l’endecasillabo. Il termine lirico è utilizzato, in questo contesto, in contrapposizione a narrativo, infatti, i canti letinesi, ad eccezione di quelli dove dichiaratamente si evince il contenuto amoroso, sono per lo più canti di sdegno o di scherno, a dispetto, o che lodano l’amata, a rispetto e quelli che salutano la partenza o ricordano la lontananza della persona cara.

La mole dei documenti raccolti mi ha spinto a suddividere il lavoro di analisi; allo stato attuale sono riuscito a portare a termine lo studio della prima sezione, quella riguardante la serenata.

 

 

La serenata

 

La serenata, secondo il linguaggio popolare, è l’insieme di canti che l’innamorato dedica alla sua amata. L’innamorato, dopo aver fatto delle avances all’amata, con gli amici organizza la prima serenata ufficiale da portare sotto la sua abitazione[9].

Questa vera e propria rappresentazione popolare ha lo scopo di far conoscere a tutti, compresi i genitori di lei, l’amore che l’innamorato nutre nei confronti della ragazza[10].

La serenata in senso musicale, invece, è una composizione vocale, anche con accompagnamento strumentale, di origine popolareggiante, stilisticamente semplice e un po’ sentimentale strutturata in forma non prestabilita, eseguita in onore della persona amata[11].

Prima di passare all’analisi dei singoli documenti etnografici vorrei fare delle precisazioni:

1)      i documenti che illustrerò sono serenate in senso stretto, quindi saranno esclusi dalla trattazione i canti amorosi, che nella serenata popolare venivano ugualmente eseguiti ed inframezzati alle serenate;

2)      i tratti comuni, riscontrabili in moltissime serenate sono le scuse, dell’innamorato, per aver disturbato il sonno dell’amata e dei suoi genitori, o/e la richiesta di aprire le finestre di casa o/e ancora la richiesta, rivolta all’amata, di affacciarsi;

3)      le serenate erano cantate o dal solo innamorato o dall’innamorato con la cooperazione di un amico con il quale si alternava nella declamazione dei versi; l’accompagnamento strumentale era affidato all’organetto o al battito delle mani degli amici;

4)      la durata della serenata era commisurata alla gradevolezza del futuro genero; talvolta poteva durare anche pochissimo e non c’era neanche il tempo di terminare la prima canzone. Ma altre volte, quando l’innamorato era apprezzato dai futuri suoceri, la serenata durava anche ore ed ore;

5)      E’ necessario, per una corretta pronuncia delle parole, considerare la e come non accentata e realizzarla senza alcun suono.

 

 

Le serenate:

 

Finestra che re notte stai serrata

 

Finestra che re notte stai serrata

lu iorno aperta pe me fa murì

finestra re garofani stai urnata

pe gentilezza me dovessi aprì

finestra cu le pietre preziose

rentu l’amore e ra fore le rose

finestra cu le pietre bianche e belle

rentu l’amore e ra fore le stelle.

 

Traduzione: Finestra che di notte sei chiusa / di giorno aperta per farmi morire / finestra di garofani sei ornata / per gentilezza mi dovresti aprire / finestra con le pietre preziose / dentro l’amore e fuori le rose / finestra con le pietre bianche e belle / dentro l’amore e fuori le stelle.

 

 

Scusame bella mia, scusa all’ardire

 

Scusame bella mia, scusa all’ardire

se rentalù sonnu ve vengu a disturbare

l’amore è bellu e tu me lo fai venì

sottu alle tue finestre a suspirà

ru sonnu è bellu e tu me lo fai venì

sopra alle tue braccelle a riposà

l’amore nun se fa senza patire

manco si dorme quandu se deve amare

 

Traduzione: Scusami bella mia, scusa dell’ardire / se nel sonno vi vengo a disturbare / l’amore è bello e tu me l’ho fai venire / sotto le tue finestre a sospirare / il sonno è bello e tu me lo fai venire / sopra le tue braccia a riposare / l’amore non si fà senza soffrire / neanche si dorme quando si deve amare.

 

 

Bianca Penna

 

Ricemmece na canzone e iammucenne

gliati ce l’anno ritta e se ne vannu

mo se ne va a lettu chella bianca penna

ce l’ha serrate le porte la mamma

sussete bianca penna e iammucenne

mo ciadda esse la mia e no chiù re mamma

la vostra mamma và tenutu tantu

ma ciadda esse la mia pe tuttu tempu

 

Traduzione: Cantiamo una canzone e andiamo via / gli altri l’hanno cantata e se ne vanno / adesso va a letto quella bianca penna / gli ha chiuso le porte la mamma / alzati bianca penna e andiamocene / adesso devi essere mia e non più di mamma / vostra mamma vi ha tenuto tanto / ma devi essere mia per tutto il tempo.

 

 

La muraglia

 

Appena arrivato a sta piana re palma

forze l’amore mio ra cà se ferma

ce sò arrivato cu dolce quidarna

forze l’amore mio mò se risveglia

stai renzerrata rentu a sa muraglia

nun te ce viri e nun te ce senti

damme nazzinno cu s’occhi tiranni

cacche vota re mé recordatenne

 

Traduzione: Appena arrivato in questa pianura di palma / forse l’amore mio qui si ferma / ci sono arrivato con dolce chitarra / forse l’amore mio adesso si risveglia / stai chiusa dentro questa muraglia / non ti ci vedi e non ti ci senti / dammi un cenno con questi occhi tiranni / qualche volta ricordati di me.

 

 

Garofano n’garnato

 

Garofano n’garnato statte attentu

chest’è la prima vota che iu ci cantu

riccellu a mmam toa se cè cuntenta

se me vo rà su core tou costante

se me rice re sì iu m’intrattengu

si me rice re no iu passo avanti

piglia la carta e facce lu strumento

ca iu nu cambio amore e tu mancu amante

se ci trovi qualche impedimentu

iammu a la vicarìa e la carta canta

 

Traduzione: Garofano incarnato (color pelle) stai attento / questa è la prima volta che io canto per te / dillo a tua mamma se è contenta / se mi vuole concedere il tuo cuore per sempre / se mi dice di sì io m’intrattengo / se mi dice di no io mi rivolgo altrove / prendi la carta e compila il rogito / perché io non cambio amore e tu neanche amante / se trovi qualche impedimento / andiamo dal vicario e il rogito ci darà ragione.

 

 

Stella Diana

 

Appena arrivatu salutu chi sona

poi te saluto a te stella diana

poi te saluto sù pettu fattu a core

mezu ce sorgerannu dui funtane

fresca funtana re santu Nicola

chi ce beve malatu ce se sana

fammece beve a mé poveru uaglione

ca sta malatia che tengu me se sana

 

Traduzione: Appena arrivato saluto chi suona / poi saluto te stella diana (stella che appare al levar del sole) / poi saluto il tuo petto a forma di cuore / in mezzo ci sorgeranno due fontane / fresca fontana di S. Nicola / chi beve ed è malato guarisce / fammici bere poiché sono un povero ragazzo / così guarisco dalla mia malattia.

 

 

Rosa fiorita, rosa n’carnata

 

Appena arrivatu a tu vicinatu

ché addore re viole che me vène

a sti vicini vogliu domandà

st’addore re viole r’addonna vè?

léngua pe léngua ce l’aggi’ appuratu

ca ciàddurate vui rosa fiorita

ca ciàddurate vui rosa n’carnata

da centu miglia allongu iu vi salutu

 

Traduzione: Appena arrivato a questo vicinato / che odore di viole mi viene / a questi vicini voglio chiedere / quest’odore di viole da dove viene? / chiedendo in giro sono riuscito a saperlo / qui odorate voi rosa fiorita / qui odorate voi rosa incarnata / da cento miglia lontano io vi saluto.

 

 

Stelluccia r’ore

 

Ci’ aggiu accuppatu muntagne e valluni

pe te venì a truvà stelluccia r’ore

mammeta t’ha tenutu n’fasciaturi

i te mettu rentu a le fascie r’ore

mammeta t’ha crisciutu rentu a le mura

iu te ce mettu rentu a na camera r’ore

mammeta t’ha tenutu rentu a ri sciuri

i te ce mettu rentu a lu miu core

 

Traduzione: Ho attraversato montagne e valli / per venirti a trovare stellina d’oro / tua mamma ti ha tenuto in fasce / io ti metto nelle fasce d’oro / tua mamma t’ha cresciuto dentro le mura / io ti metto in una camera d’oro / tua mamma t’ha tenuto nei fiori / io ti metto nel mio cuore.

 

 

Figliola picculina e senza amanti

 

Figliola picculina e senza amanti

sì fatta grande pe me rà turmenti

te ciai cresciuta cu soni e canti

t’aggiu fatta stà sempe cuntenta

c’iaggiu appuratu ca si piangi tantu

stu core miu s’affligge ore e mumenti

te pregu nénna mia nù piange tantu

arriva nu iornu che sarai cuntenta

 

Traduzione: Figlia piccolina e senza amanti / sei diventata grande per darmi tormenti / sei cresciuta con suoni e canti / ti ho reso sempre contenta / ho scoperto che piangi molto / questo mio cuore si affligge ore e momenti / ti prego ragazza mia non piangere molto / arriverà un giorno in cui sarai contenta.

 

 

A stù vicinatu ce tengu nu fiore

 

A stù vicinatu ce tengu nu fiore

cè chiù bellu re la primavera

ce stà piantatu sopra sù balcone

Dio che bell’addore che me vène

pur’iu sopra a sù balcone

cu ste mie manelle a cogli’ a té

re su fiore fosse lu padrone

cu sà nennella addormirece assieme

 

Traduzione: In questo vicinato ho un fiore / è il più bello della primavera / è piantato su questo balcone / Dio che bell’odore che mi viene / anch’io su questo balcone / con queste mie mani addosso a te / di questo fiore sarei il padrone / con questa ragazzina ci dormirei assieme.

 

 

A stù vicinatu cè sciuta na vita

 

A stù vicinatu cè sciuta na vita

facci fronte a nu milu granatu

ce stannu dui uagliole bene unite

pare ché santu Luca la pittate

una st’affunnata all’acqua vite

nata st’affunnata a lu scarlatu

iu pe vui ci’apprezzu la vita

una per sposa e nata per cognata

 

Traduzione: In questo vicinato è spuntata una vite / di fronte il melograno / ci sono due ragazze ben unite / pare che S. Luca le abbia dipinte / una è immersa nell’acquavite / un’altra è immersa nello scarlatto / io per voi darei la vita / una per sposa e un’altra per cognata.

 

 

A stu vicinatu cè sciuta na ninnulella

 

A stu vicinatu cè sciuta na ninnulella

sè messa n’puntu ca ce vò vulà

ce vò fà nu vulu accussì bellu

n’goppa a lé braccella tóe se vò appusà

se vò fà lu niro a li toi capelli

rentu a le urecchie te ce vò parlà

te le vò rice dui parulelle

mammeta bella se te vò marità

 

Traduzione: In questo vicinato c’è una ragazza agile / si è messa sul punto di volare / vuole fare un volo così bello / sopra le tue braccia si vuole posare / vuole fare il nido nei tuoi capelli / nelle orecchie ti vuole parlare / vuole dirti due paroline / tua mamma bella se ti vuole far sposare.

 

 

La ninna scapace

 

N’faccià sa porta toa m’assettu e taciu

tu luna re gennaio famme luce

ce stà na ninna che è tantu scapace

nisciunu amante ce la pò conduce

vogliu veré si la pozzu fà capace

cu lé mie parole e lu parlà roce

ma si pe sorte nun se fà capace

n’faccia la porta soa chiantu na croce

 

Traduzione: Di fronte alla tua porta mi siedo e taccio / tu luna di gennaio fammi luce / c’è una ragazza che è tanto incontentabile / nessun amante riesce a farla innamorare / voglio vedere se riesco a convincerla / con le mie parole e il parlare con dolcezza / ma se per sfortuna non la convinco, di fronte alla sua porta conficco una croce.

 

 

A stu vicinatu cè sciutu nu ponte

 

A stu vicinatu cè sciutu nu ponte

sotttu ce corre l’acqua triunfante

ce stà na ninna cu le scarpe a ponta

me pare na reginella re nov’anni

va alla chiesa e ci cammina pronta

cu dui retelle piglia l’acqua santa

ce la piglia e se la mette n’fronte

cu n’occhio uarda Dio e n’atu gl’amanti

 

Traduzione: In questo vicinato è spuntato un ponte / sotto scorre l’acqua trionfante / c’è una ragazza con le scarpe a punta / mi sembra una reginella di nove anni / va in chiesa dove cammina sicura / con due dita prende l’acqua santa / la prende e se la mette in fronte / con un occhio guarda Dio e un altro gli amanti.

 

 

A stu vicinatu cè na lattughella

 

A stu vicinatu cè na lattughella

nisciunu che la coglie che è la mia

l’aggiu amata rà quantu era tantella

all’impiedi nun se reggeva pe la via

mo che sè fatta grandicella

ognuno la desidera e la vurrìa

te pregu nenna fattece a chiù bella

sè Dio la destinatu sarai la mia

 

Traduzione: In questo vicinato c’è una lattughella (piccola lattuga) / nessuno la colga perché è mia / l’ho amata da quando era piccola / in piedi non si reggeva per la strada / adesso che è diventata grande / ognuna la desidera e la vorrebbe / ti prego ragazza diventa più bella / se Dio l’ha destinato sarai mia.

 

 

Figliola ca stai fatta cu la penna

 

Figliola ca stai fatta cu la penna

sta mesurata cu la meza canna

ru tou amante cu gl’occhi t’azzenna

te tène réntu a lu core ma nun ce manna

nun ce manna ca si piccirella

ancora nun gl’hai cumpiti vintun’anni

riccellu a mamma toa ca te cuerna

ca nat’annu aspettu e po ce mannu

 

Traduzione: Ragazza che sei fatta con la penna / sei misurata con la mezza canna[12] / il tuo amante con gli occhi ti avvicina / ti tiene nel cuore ma no ci manda / non ci manda perché sei piccola / ancora non hai compiuto 21 anni / dici a tua mamma che ti fa mangiare / poiché un altro anno aspetto e poi ci mando.

 

 

A stu vicinatu cè sciutu ru sole

 

A stu vicinatu cè sciutu ru sole

l’amore miu cè lu fa calare

sì piccula e delicata re persona

ché bellu camminà che sai fare

teni nu pettu bellu comannù paone

gl’occhi me li fai sazià

tu sola sarai nel mio cuore

mai al mondo ti voglio lascià

 

Traduzione: In questo vicinato è spuntato il sole / l’amore mio lo fa tramontare / sei piccola e delicata di persona / che bel camminare che sai fare / hai un petto bello come un pavone / gli occhi me li fai saziare / tu sola sarai nel io cuore / per niente al mondo ti voglio lasciare.

 

 

O Dio com’è gautu stu palazzu

 

O Dio com’è gautu stu palazzu

come sà frauliente se dui finestre

ce stà na ninna che sèmpe s’affaccia

arracqua li garofani a la testa

i ce lu ricetti meneme na frasca

chella me ne menatte nu gran maglietta

i le ricetti chestu a mé numm’abbasta

vogliu la ninna cu tutta la testa

 

Traduzione: O Dio com’è alto questo palazzo / come sono belle queste due finestre / c’è una ragazza che sempre s’affaccia / che innaffia i garofani sulla testa / io le dissi lanciami una frasca / quella mi lanciò un gran mazzetto / io le dissi questo non mi basta / voglio la ragazza con tutta la testa.

 

 

Vurria veré a té chi ta ratu tortu

 

Vurria veré a té chi ta ratu tortu

ca a sa finestra tu nun t’affacci mai

tannu n’zerrata finestre e balecuni

tannu m’peritu si passi che dai

tannu m’peritu le strare e le vie

tannu m’peritu all’acqua re la funtana

tannu m’peritu ca n’adda parlà cu méne

tu bella parla cu mé oi quantu voi

 

Traduzione: Vorrei vedere a te chi ha dato torto / che a questa finestra non t’affacci mai / ti hanno chiuso finestre e balconi / ti hanno impedito i passi che dai / ti hanno impedito le strade e le vie / ti hanno impedito all’acqua della fontana / ti hanno impedito di parlare con me / tu bella parla con me quanto vuoi.

 

 

Bella uagliola a té te arde lu core

 

Bella uagliola a té te arde lu core

quantu me senti a mé la notte cantà

pigliete la rucchella e iesci fore

riccell’a mamma toa c’adda filà

ma si pe sorte a té nun te fà scì

affaccéte a la finestra a suspirane

tu ce suspiri ra réntu e iu ra fore

lu core pure a mamma toa s’addammullà

 

Traduzione: Bella ragazza a te arde il cuore / quanto mi senti di notte cantare / prendi la spoletta ed esci fuori / dici a tua mamma che devi filare / ma se per cattiva sorte non ti permette di uscire / affacciati alla finestra per sospirare / tu sospiri dentro e io fuori / il cuore pure a tua mamma si deve intenerire.

 

 

Particolarità dell’esecuzione vocale

 

E’ difficile capire il significato delle parole nel momento in cui vengono cantate; la persona che ascolta la serenata letinese per la prima volta ha di fronte due suoni compenetranti, uno è quello vocale l’altro è quello dell’organetto. I cantori nella sillabazione delle parole seguono il movimento di pressione/depressione del mantice dell’organetto, quasi a raddoppiare, oltre a fornire un significato attraverso le parole, il suono dell’organetto stesso.

La voce nella serenata è acuta/urlata e segue passo passo il suono dell’organetto; particolare importanza riveste l’esecuzione delle sillabe finali del verso: sono intonate, stranamente, sulla dominante mentre sulla tonica vengono trascinati i suoni finali di sillaba.

La concezione popolare vuole che il bravo cantore,per essere tale, deve avere una voce sottilissima, simile a quella dei castrati che avendo subìto la menomazione prima della pubertà, avevano un voce particolarmente limpida. Quelli che si cimentano nel bel canto, pur non avendone i requisiti vengono derisi da tutti e viene menzionato anche il detto: U ciucciu sa raglià megliu re te[13].

Nella sequenza sonora della serenata tra un verso ed un altro vi è un intermezzo strumentale che varia a seconda della preparazione tecnica dell’organettista e ha la funzione di separare le coppie di versi che man mano vengono cantate e che altrimenti annoierebbero l’ascoltatore.

L’innamorato può avvalersi, nella serenata, anche dell’aiuto di un amico, magari più bravo di lui nel canto, in tal caso ognuno dei due eseguirà una coppia di versi.

La serenata è spesso eseguita all’aperto e diversi cantori per evitare che il suono vocale si disperda mettono il palmo della mano davanti la bocca per direzionarlo verso l’amata.

 

 

La musica che accompagna la serenata

 

La musica che sorregge fonicamente la serenata è prodotta dall’organetto, strumento popolare tra i più utilizzati nel letinese. Di tale strumento mi sono già occupato in un mio studio dal titolo La Musica che accompagna la Danza dell’Albero di Maggio e quindi evito di ripetermi[14].

Per la trascrizione della musica che accompagna l’esecuzione della serenata, come ampiamente illustrato nello studio succitato, ho scelto un sistema diverso da quello pentagrammato, comunemente utilizzato per la trascrizione della musica. Il sistema che ho utilizzato è costituito da una tastiera a tre ottave per l’esatta localizzazione delle altezze tonali dei suoni e da una linea che, attraverso piccoli delimitatori, indica i secondi di esecuzione.

La musica è essenzialmente di due tipi: c’è quella che sorregge i versi che si basa su successioni armoniche tonica/dominante e raddoppia melodicamente la voce e quella che divide i versi con funzione di intermezzo e che introduce e termina la serenata.

Le serenate erano eseguite in due modi: integralmente dal solo innamorato oppure, come avveniva nella maggior parte dei casi, dall’innamorato e da un suo amico cantore.

Quando la serenata era cantata dal solista il ritmo e la melodia erano le stesse per ogni coppia di versi, quando invece era cantata dal duo, che si alternava in vario modo, c’erano due melodie, una utilizzata dall’innamorato e l’altra dal suo amico.

 

 

La serenata nell’esecuzione solistica

 

Nell’esecuzione solistica, quella eseguita dal solo innamorato, c’è un’introduzione strumentale, poi due versi intonati consecutivamente, un intermezzo musicale, due versi intonati alla stessa maniera dei primi, un intermezzo diverso, per elementi melodici, dal primo; due altre coppie di versi intonati come i primi, inframezzate da altrettanti intermezzi strumentali e alla fine una coda strumentale.

Nell’esecuzione solistica i versi sono eseguiti dall’inizio alla fine seguendo il normale flusso di parole, invece come vedremo nel prossimo paragrafo, nell’esecuzione in duo le coppie di versi erano alternate in vario modo allo scopo di aumentare il potere esortativo delle parole.

L’intonazione è la stessa per tutte le serenate solistiche, pertanto, ne prendo una a modello per l’intonazione di tutte le altre; inoltre, visto che le coppie di versi sono intonate tutte sulla stessa linea melodica ne prendo in considerazione solo una.

La serenata presa a modello, che riporto per facilitare la lettura, è Garofano n’garnato.

...

 

 

La serenata a due voci eseguita dall’innamorato e dal suo amico

 

Le serenate a due voci venivano intonate tutte alla stessa maniera seguendo l’ordine appresso indicato nella serenata Garofano n’carnato. La Serenata, nella maggior parte dei casi, era intonata dall’innamorato coadiuvato da un amico; rispetto alla serenata solistica era più interessante sia perché c’erano due differenti intonazioni sia perché i versi venivano ripetuti più volte sia perché la ripetizione aumentava il potere esortativo della serenata. Questo tipo di serenata aveva un’introduzione strumentale; una prima coppia di versi intonati, dall’innamorato, su una melodia, un intermezzo strumentale dell’organetto, una ripetizione dei primi due versi intonati, dall’amico dell’innamorato, su un’altra melodia; dopo l’intermezzo strumentale la seconda coppia di versi era intonata allo stesso modo. L’innamorato saltava i versi successivi, che erano poi intonati dall’amico, e intonava quelli che incominciavano da piglia la carta...; poi ripeteva la seconda coppia di versi per fare breccia non solo nel cuore dell’innamorata, ma anche in quello della futura suocera; dopo l’intermezzo, anche l’amico ripeteva, con altra intonazione, la coppia di versi che incominciano da piglia la carta...; l’intermezzo divideva quelli cantati dall’innamorato se me rice re sì... poi prima l’amico e poi l’innamorato ripetevano ognuno con la sua melodia i versi piglia la carta... E’ interessante notare che queste ultime coppie di versi venivano cantate ben quattro volte; dopo l’intermezzo, per finire, l’innamorato concludeva la serenata con l’ultima coppia di versi se ci trovi qualche...

...

 

 

Gli intermezzi

 

Gli intermezzi strumentali, utilizzati per dividere le varie coppie di versi e rendere il flusso delle parole più vario, sono simili sia per le serenate solistiche sia per quelle eseguite da due cantori. Gli stessi vengono utilizzati anche con funzioni di apertura e chiusura.

Nell’esecuzione di una serenata ogni organettista può scegliere di eseguire sempre lo stesso intermezzo oppure tutti gli intermezzi insieme; chiaramente la struttura varia a seconda delle capacità tecniche dell’organettista.

 

 

Conclusioni

 

Tra la musica greca, che ho ascoltato, e quella letinese, che ho raccolto, non ci sono elementi comuni. Nella prima vengono utilizzati molti strumenti mentre nella seconda è presente solo l’organetto e talvolta il battito delle mani per rafforzare il ritmo; i canti greci sono molto melodici, mentre quelli letinesi hanno un andamento cantilenante e sono utilizzati per lo più per aver un riscontro immediato.

Le strutture metriche delle strofe sono, come già evidenziato, totalmente differenti e anche l’intonazione non è certamente uguale; nei canti greci la struttura della frase musicale corrisponde ad un verso e mezzo, mentre in quelli letinesi è di due versi.

Mentre nella musica greca la melodia ha una forte prevalenza sul testo letterario, in quella letinese le due cose sono fuse insieme in un unico prodotto sonoro.

La dispersione delle tracce di origine greca è da attribuire alle influenze dei popoli vicini ed anche a quella dei molti turisti che hanno condiviso e condividono tuttora, con i letinesi, i loro usi e costumi.

 

 

Bibliografia

 

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[1] Bevilacqua Cesare, Il Folklore del Molise, presso A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1964.

[2] Marrocco Dante B., Guida del Medio Volturno, Edizioni A.S.M.V, Piedimonte Matese, 1985.

[3] Perrino Giovanni, Il Folklore del Matese, Tesi di Laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Napoli, 1966/67.

[4] Palumbo R. Giuliano, Giornata Regionale della Montagna, Regione Campania, Assessorato Agricoltura e Foreste, Tipografica del Matese, Piedimonte Matese, 1997, p. 24.

[5] I brani ascoltati sono tratti dalla Collezione A World of Music, Greece, Mentildalo, Azzurra Music, 1999.

[6] Derossi Piero, Grecia, in D.E.U.M.M., Lessico, Torino, 1983, pp. 418-19.

[7] Derossi Pero, op. cit., p. 419.

[8] Roberto Leydi, I Canti Popolari Italiani, Oscar Mondadori, Milano, 1973, pp. 159-197.

[9] Qui il termine Serenata ha un significato più ampio ed indica non solo le composizioni che verranno eseguite, ma anche tutta l’organizzazione che vi è alle spalle.

[10] Mirando Franco - Perrone Fausto - Palombo R. Giuliano, Le Superstizioni Popolari di Letino, Associazione Pro-Loco Letizia con il patrocinio della Regione Campana Assessorato alla Cultura, Letino, 1998, S. N.

[11] AA. VV. Serenata, in D.E.U.M.M. edizione Utet, Torino, 1984, p. 282.

[12] La canna era una unità di misura corrispondente a circa 3 m.

[13] L’asino sa cantare meglio di te.

[14] D’Aria Francesco, La Musica che accompagna la Danza dell’Albero di Maggio, in Annuario 1998, Edizioni A.S.M.V., Piedimonte Matese, 1999, p. 64.